L’Abisso di Davide Enia è sold out: due repliche al Teatro Masini di Faenza

Più informazioni su

Posti esauriti al Teatro Masini di Faenza per le due repliche di giovedì 30 e venerdì 31 gennaio alle 21 di L’Abisso di Davide Enia, in occasione delle quali verranno effettuate le riprese televisive dello spettacolo.

L’attore, drammaturgo e scrittore palermitano torna a Faenza, dove per la prima volta L’abisso fu presentato nella sua forma integrale nell’ambito del Festival Colpi di Scena, dopo aver vinto i più prestigiosi premi teatrali nazionali: l’UBU come “migliore nuovo testo italiano”, “Le Maschere del Teatro” come “migliore interprete di monologo” e l’Hystrio Twister come “migliore spettacolo della Stagione”.

L’Abisso è uno spettacolo urgente, profondo, attuale. Dalle testimonianze dirette che Davide Enia ha raccolto a Lampedusa, con il gesto, il canto, il “cunto”, l’attore e drammaturgo palermitano fronteggia la difficoltà di raccontare il tempo presente, gli sbarchi e annegamenti nel Mediterraneo, che si fanno anche metafore di un naufragio personale e collettivo.

Lo spettacolo, che vede in scena anche Giulio Barocchieri, autore ed esecutore delle musiche originali, è frutto della co-produzione di Accademia Perduta/Romagna Teatri, Teatro di Roma – Teatro Nazionale e Teatro Biondo di Palermo.

LO SPETTACOLO

“Il primo sbarco l’ho visto a Lampedusa assieme a mio padre. Approdarono al molo in tantissimi, ragazzi e bambine, per lo più. Io ero senza parole. Era la Storia quella che ci era accaduta davanti. La Storia che si studia nei libri e che riempie le pellicole dei film e dei documentari.

Ho trascorso molto tempo sull’isola per provare a costruire un dialogo con i testimoni diretti: i pescatori e il personale della Guardia Costiera, i residenti e i medici, i volontari e i sommozzatori. Rispetto al materiale che avevo precedentemente studiato, in quello che stavo reperendo di persona c’era una netta differenza: durante i nostri incontri si parlava in dialetto. Si nominavano i sentimenti e le angosce, le speranze e i traumi secondo la lingua della culla, usandone suoni e simboli. In più, ero in grado di comprendere i silenzi tra le sillabe, il vuoto improvviso che frantumava la frase consegnando il senso a una oltranza indicibile. In questa assenza di parole, in fondo, ci sono cresciuto. Nel Sud, lo sguardo e il gesto sono narrativi e, in Sicilia, «‘a megghiu parola è chìdda ca ‘un si dice», la miglior parola è quella che non si pronuncia.

Ne L’abisso si usano i linguaggi propri del teatro (il gesto, il canto, il cunto) per affrontare il mosaico di questo tempo presente.

Quanto sta accadendo a Lampedusa non è soltanto il punto di incontro tra geografie e culture differenti. È per davvero un ponte tra periodi storici diversi, il mondo come l’abbiamo conosciuto fino a oggi e quello che potrà essere domani. Sta già cambiando tutto. E sta cambiando da più di un quarto di secolo”. (Davide Enia)

NOTE DI REGIA

Come raccontare il presente nel momento della crisi. Questa domanda nasconde continue insidie. In assoluto, il continuo rischio di spettacolarizzare la tragedia. Il lavoro è indirizzato, quindi, verso la ricerca di una asciuttezza continua, in cui parole, gesti, note, ritmi, cunto devono risultare essenziali, irrinunciabili, necessari alla costruzione del movimento interno.

Questo ha determinato il carattere performativo del lavoro in scena, in cui si riproietta se stessi nel preciso stato emotivo che ha generato tutto, immergendosi dentro quell’esatta condizione del sentimento, in un loop che si ripete replica dopo replica, in un ritorno continuo che non ha esito se non il suo essere rivissuto, parola dopo parola, gesto dopo gesto, suono dopo suono, trauma dopo trauma, cunto dopo cunto.

Info: 0546 21306

Più informazioni su