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I ragazzi di UPpunto aprono “una finestra sulla Scuola Bottega” dove s’impara facendo

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Ospitiamo volentieri sul nostro quotidiano online – ogni lunedì – l’iniziativa patrocinata all’Associazione Amici di Enzo e portata avanti da un gruppo di studenti del Liceo Classico e del Liceo Scientifico di Ravenna, di Istituti Tecnici di Ravenna, di diversi ragazzi dell’Istituto Politecnico di Grumello del Monte della Fondazione IKAROS e della Scuola di Apprendistato Upprendo di Bergamo della Fondazione Et Labora. 

Scuola Bottega

LA REDAZIONE

UNA FINESTRA SULLA SCUOLA BOTTEGA. PARTE 1

Learning by doing (imparare facendo, ndr), è il cuore di Scuola Bottega. I ragazzi di UPpunto nascono in tempo di Covid-19, come scuola bottega, quella dell’Attualità. Oggi ci piacerebbe far conoscere da dove si origina questa realtà, attraverso le parole di chi ci lavora e di chi la frequenta.

Scuola Bottega

ANNA GRAZIANI

Perché è nata la scuola bottega?

“La scuola bottega è nata sei anni fa, prima della Riforma della Buona Scuola del 2015, che con la legge 107, rese obbligatoria l’alternanza scuola lavoro, a partire da un’esigenza. L’associazione ‘Amici di Enzo’ e la Coop ‘Il Faro’, i due soggetti che propongono alle scuole e ai ragazzi di partecipare alla Scuola Bottega, facendo già da anni un servizio di aiuto allo studio nel territorio ravennate, avevano preso atto di un dato: c’erano ragazzi che facevano fatica a studiare sui libri e che andando a lavorare nel periodo estivo erano contenti. Lo studio rimaneva, spesso, un’attività teorica. Partendo da questa osservazione, ci si è accorti che c’era bisogno di intraprendere percorsi non convenzionali, coniugando insieme conoscenza ed esperienza. La scuola bottega è proprio questo: un percorso che si fa durante l’anno scolastico, a partire da ottobre, fino a fine maggio. I ragazzi, scelti dai consigli di classe, secondo criteri stabiliti dagli Enti proponenti, escono una volta a settimana durante una mattina scolastica e vengono accompagnati da un tutor educativo, messo a disposizione dall’associazione ‘Amici di Enzo’ e dalla Coop ‘Il Faro’ e vanno in un’azienda o da un artigiano presenti nel territorio e non solo, disponibili ad ospitare i ragazzi. Qui vengono affiancati da un tutor aziendale che trasferisce le sue competenze lavorative, insegnando a fare un mestiere o ciò che c’è da fare in quel momento. Viene offerta la possibilità di capire sul campo, nella pratica e nell’esperienza, perché si vede la teoria nella pratica”.

Questo è un servizio gratuito per famiglie, scuole e aziende: da dove arrivano i fondi per il sostentamento?

“È un servizio che associazione e cooperativa tengono ad offrire gratuitamente, sia alle famiglie che alle scuole. Le ragioni di questa decisione sono due: prima di tutto le famiglie dei ragazzi a cui viene proposta la scuola bottega e le scuole stesse che non avrebbero la possibilità economica per affrontare spese ulteriori, poi perché, soprattutto oggi, la gratuità è una dimensione decisiva per chi si ritrova davanti agli occhi qualcuno che si spende gratuitamente per lui. Ci si sente oggetto di un bene e si impara a muoversi diversamente. I fondi per sostenere i costi ci vengono da soggetti pubblici e privati partecipando a bandi e realizzando progetti, senza contare la generosità di tanti, che rimangono, spesso, in ombra. Fortunatamente tanti soggetti del territorio e non, sostengono economicamente il progetto”.

Scuola Bottega

LUCA EMILIANI

Che differenza c’è tra il ruolo del tutor in bottega e quello del professore in alternanza?

“Il tutor con esperienza educativa aiuta principalmente i ragazzi a cogliere i nessi tra la loro esperienza, il proprio desiderio e ciò che la realtà gli chiede. Senza il tutor educativo diversi compiti svolti dai ragazzi rimarrebbero ingiudicati, o comunque, non compresi totalmente. Il tutor educativo è la persona che li accompagna nel lavoro che fanno, ma non è lì per loro, è lì con loro, lavora insieme a loro. Questo mi sembra decisivo, perché in alternanza scuola-lavoro, dai dialoghi con i ragazzi emerge che la figura del professore è più di monitoraggio. Secondo me lavorare con il tutor è decisivo: il ragazzo vede il tutor fare la sua stessa esperienza, avere la stessa domanda di felicità e di compimento, proprio in quel momento. Cosa sto facendo? Perché? Il tutor ha le stesse domande del ragazzo. Per cui ci si mette al lavoro, con uno scambio continuo, che in alternanza scuola-lavoro risulta essere più deficitario”.

Qual è il metodo utilizzato nella scuola bottega?

“La scuola bottega nasce per coniugare l’esperienza con la conoscenza. C’è un po’ un ribaltamento nel metodo della scuola bottega, rispetto a quello che si vive a scuola. Per noi la conoscenza viene con l’esperienza, ma prima ci si mette al lavoro. È il metodo del ‘learning by doing’, dell’apprendimento ‘on the job’. Imparare facendo. La scuola bottega nasce per avvicinare il mondo della scuola al mondo dell’impresa. Il ragazzo, con questo metodo ‘ribaltato’, si trova di fronte a una realtà che in qualche modo lo sfida. Si trova di fronte a un compito e, davanti a lui, c’è un tutor aziendale che gli trasmette gli strumenti della sua professionalità per stare di fronte a quel compito. Il ragazzo si trova, quindi, di fronte a problematiche che deve risolvere. Il tutor aziendale trasmette ai ragazzi la professionalità e il tutor educativo aiuta a cogliere i nessi.”

Perché credi che il progetto abbia riscosso così tanto successo?

“Siamo partiti con poche botteghe e poi siamo arrivati ad averne sempre più. Con l’emergenza del Covid-19 alcune botteghe sono state momentaneamente sospese, mentre altre sono nate, come la vostra. Perché ha avuto successo? Una cosa ha successo quando funziona, è difficile avere successo se non hai una presa sulla realtà. Sei contento del tuo frigorifero quando funziona, ma se qualcosa non va utilizzi qualcos’altro. Avviene la stessa cosa con la scuola bottega, credo quindi abbia successo perché risponde ad un bisogno della realtà e perché non rimane indietro nel tempo. Se fosse qualcosa di teorico, verrebbe sempre dopo la realtà. Tante volte quello che si impara a scuola è ciò che le imprese utilizzavano dieci anni fa. Invece, nel progetto della scuola bottega, la conoscenza avviene indirettamente. In qualche modo anche le imprese ne vedono l’utilità, perché i ragazzi vi lavorano. I finanziatori hanno maggior stimolo ad investire sul progetto perché risponde a diverse realtà. E, anche la scuola, in qualche modo ne vede una convenienza, fosse anche solo aiutare i ragazzi a relazionarsi meglio con i compagni. In qualche modo tutti ne vedono un beneficio. Inoltre il progetto avvicina il mondo della scuola a quello dell’impresa. Credo che l’esperienza che fanno i ragazzi con i tutor aziendali possa essere racchiusa in un aforisma di Paulo Coelho: “Non puoi domare un cavallo selvaggio, lo uccideresti e gli toglieresti la libertà di essere com’è. Però se vuoi puoi imparare a corrergli al fianco, imparando che cosa sia quell’infinito brivido chiamato libertà.” I ragazzi, infatti, correndo insieme ai tutor capiscono quanto sono appassionati, cosa spesso difficile da cogliere a scuola.”

Il logo della Scuola Bottega è stato realizzato da uno studente dell’Istituto Politecnico di Grumello

Uppunto

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