Basta con l’amorevole paternalismo delle istituzioni. I cittadini siano più esigenti: il diritto alla scuola in presenza va difeso

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I sindaci romagnoli ci spiegano, con amorevole paternalismo, che purtroppo, loro malgrado, bisogna chiudere le scuole, per evitare la diffusione del contagio perché le nuove forme virali sono più contagiose e colpiscono anche i bambini e i giovani in età scolare. Il preside ci scrive, con amorevole paternalismo, che sarà assicurata “la necessaria comprensione per la situazione delle famiglie”.
Tutto questo, a seguito dell’amorevolmente paternalistica ordinanza del Presidente della Regione.
Esco dal coro (o dal gregge, visto che siamo nel mezzo di una pandemia e puntiamo coi vaccini all’immunità, di gregge appunto) per esprimere qualche dubbio sulla correttezza dell’operato di tutti questi amorevoli protettori della nostre salute.
È da 1 anno, non da una settimana, che abbiamo a che fare col virus, da 1 anno. Prima di assumere decisioni fortemente impattanti sui diritti (sì, lo so, ormai ci siamo abituati a sospenderne l’esigibilità in nome dell’emergenza in corso) e sulla vita concreta dei cittadini (sempre più soggetti passivi e non attivi di cittadinanza) i decisori politici dovrebbero mettere a punto le misure di sostegno e di accompagnamento sociali, economiche, psicologiche, ecc. per rendere le misure restrittive (necessarie, sia chiaro; nessuno mette in dubbio che lo siano) compatibili con i diritti fondamentali delle persone e con l’agibilità quotidiana delle famiglie.

Apri La Stampa di oggi e leggi che i congedi parentali (per consentire ad almeno uno dei genitori di stare a casa coi figli in dad) non sono stati ancora rinnovati dal nuovo, infallibile, miracoloso governo e in tante famiglie ci sarà di nuovo il problem(one) di chi dei due rimane a casa erodendo ferie, malattia, ecc. (di solito, le mamme, tanto per restare ad un’enorme questione femminile – o maschile? – irrisolta).
Ancora, il 25,3% delle famiglie italiane è escluso dalla banda larga e quindi dalla didattica a distanza, a proposito di diritti e pari opportunità dei bambini.
Per non parlare di pc e tablet: stendiamo un velo pietoso, le famiglie povere e/o numerose si arrangino, troveranno “amorevole comprensione” nei decisori politici e negli amorevoli pubblici amministratori.

Io credo che cittadini esigenti, consapevoli e responsabili debbano pretendere che il Governo, la Regione, il Comune e la Scuola, dopo 1 anno di convivenza col virus, facciano un salto di qualità, attrezzandosi, se ne sono capaci, con adeguate, serie e tempestive misure di sostegno e accompagnamento che rendano le restrizioni (cominciando dalla chiusura delle scuole) socialmente sostenibili. Stiamo pagando le conseguenze di decenni di colpevole e irresponsabile disinvestimento nella sanità pubblica: non abbiamo terapie intensive capaci far fronte efficacemente agli accessi di pazienti Covid e quindi si chiude (quasi) tutto.
Il dott. Carradori ieri lo ha detto molto chiaramente: non si chiudono le scuole perché siano più insicure di altri luoghi (sono, anzi, tra i luoghi più sicuri) ma per bloccare tutti i movimenti sociali e lavorativi che stanno intorno alle scuole aperte. La generazione Covid di bambini e ragazzi si porterà dietro per sempre i postumi (anche psicologici) di questa emergenza e la scuola in presenza continua ad essere uno dei più potenti vaccini sociali e culturali.
Si preservi, dunque, almeno la scuola in presenza: i rischi non sono mai completamente eliminabili da nessun contesto umano ma coi rischi si deve imparare a convivere, mettendo intelligenza, risorse e creatività per prevenire e limitare i danni che quei rischi possono farci correre.
Se c’è un insegnamento che questa terribile esperienza ci restituisce è senz’altro quello che scuola pubblica e sanità pubblica forti, strutturate, adeguatamente finanziate, sono il fattore più potente di resistenza alle crisi.

Andrea Maestri – Avvocato

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