RAVENNA FERMO IMMAGINE / 14. Gli imperatori, la chiesa e la città, fra Ottone III “Mirabilia Mundi” e Gerberto di Aurillac, l’uomo più colto del secolo

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Un grande studioso ci ha consigliato di avvicinarci al medioevo con la persuasione che di evi medi ce ne siano stati molti e, se non proprio a respingerla, ad attenerci ad una datazione che almeno tenga conto di alcune svolte storiche. Così è possibile distinguere l’alto medioevo, che va dalla caduta dell’impero romano sino al Mille, che è l’età degli imperatori Ottoni; un medioevo di mezzo, che è quello della cosiddetta rinascita dopo il Mille, ovvero l’Europa “cortese”; e infine un basso medioevo che, malgrado la connotazione negativa che la parola basso suggerisce, è l’epoca gloriosa in cui Dante finisce la Commedia, scrivono Petrarca e Boccaccio e fiorisce l’umanesimo fiorentino.

L’ATTESA DELL’ANNO MILLE

L’attesa dell’anno Mille metteva paura a tutti: l’Apocalisse si avvertiva sempre più vicina, col suo corredo di profezie di sventura che avrebbero colpito persone, natura e città. E tuttavia la paura non riusciva a soffocare il respiro nuovo che stava attraversando l’Europa: verso l’unità dei popoli, la pace, la purezza dei costumi dentro le due potenze universali, la Chiesa e l’Impero. Entrambi portatori di un messaggio che punta alla totalità dell’uomo: fuori dell’Impero non c’è civiltà, fuori della Chiesa non c’è salvezza.

E furono i tre Ottoni della dinastia sassone: nonno, padre e figlio, ad essere investiti della missione di allontanare l’Apocalisse: superare il disordine civile e la corruzione morale del feudalesimo e poi regolare il rapporto tra Impero e Chiesa. Soprattutto il giovanissimo Ottone III – radice vitale dell’Europa moderna – sarebbe venuto a proporsi come cerniera dei due mondi.

Gli imperatori Ottoni amarono Ravenna, felice punto d’incontro tra Roma, l’Italia settentrionale e Costantinopoli, grazie alla sua naturale posizione geografica che facilitava le relazioni tra Oriente e Occidente; ma soprattutto per il suo glorioso passato, che la rendeva degna come nessun altro luogo di rappresentare i programmi universalistici del regno ottoniano. Ravenna diventò così in breve tempo il punto-chiave di quel complesso e quanto mai delicato gioco di relazioni politiche e di potere tra Impero e Papato e dentro quel gioco un ruolo particolarmente importante fu esercitato dagli Arcivescovi ravennati che si mostrarono, anche agli occhi dei contemporanei, di fatto eredi degli Esarchi bizantini.

Intorno all’anno Mille sono documentate a Ravenna quasi 200 chiese e 15 monasteri, sorti in città e nel territorio circostante e germoglia quella riforma religiosa i cui esponenti più importanti sono proprio i ravennati San Romualdo e San Pier Damiani.

Salterio

OTTONE III MERAVIGLIA DEL MONDO (980 – 1002)

Appena morto, all’età di ventidue anni, in tutta Europa girò l’appellativo “Mirabilia Mundi” per Ottone III. Forse per il suo sogno, la vita breve e avventurosa, o per quel che di spettacoloso che egli amava negli abiti e nei suoi palazzi, la cultura e le sue esaltazioni mistiche. Certo è che ancora oggi Ottone III si pone come ciò che di vivo e di eroico ha illuminato la storia della fondazione dell’Europa. Aveva tre anni quando gli morì il padre e venne incoronato ad Aquisgrana con l’aiuto dei grandi ecclesiastici del regno.

Tre donne e due baroni vegliarono sulle sue fortune ed egli crebbe tra gli eserciti, lo studio delle lingue e la preghiera. A quindici anni nel 995 esce di tutela e il papa, come sempre assediato a palazzo dalla nobiltà romana, lo invoca quale salvatore e gli offre la corona imperiale. Questa volta però Ottone compie un atto sconcertante: egli scende a Ravenna ed essendo nel frattempo scomparso papa Giovanni XV, eleva direttamente al soglio pontificio suo cugino, Bruno di Carinzia, che prenderà il nome di Gregorio V.

Con quel gesto Ottone strappa il papato di mano al clero e alle casate romane, stabilisce una nuova solidarietà tra regno e sacerdozio. Nel 996 riceve la corona imperiale dalle mani di Gregorio e per l’occasione indossa un meraviglioso mantello azzurro, intessuto di ricami con scene dell’Apocalisse. Conosce e si lega per sempre a due grandi figure del tempo: Adalberto di Praga, anima inquieta e modello del fermento che lievita nelle terre d’Oriente europeo e Gerberto di Aurillac, l’uomo più colto del decimo secolo. Gerberto viene nominato vescovo di Ravenna e subito dopo, morto Gregorio, nuovo papa col nome di Silvestro II.

Silvestro II Gerberto di Aurillac

ACCANTO A CARLO MAGNO

L’anno Mille offre lo spettacolo unico di un imperatore e di un papa padroni incontrastati di Roma, solidali negli interessi, congiunti sotto la preminenza imperiale, che deliberano del regno e del sacerdozio. Ottone ridisegna la mappa d’Europa con la creazione di nuovi regni cristiani lungo la cerniera orientale, Silvestro vieta l’alienazione dei beni ecclesiastici, frenando in tal modo il malcostume del clero. Nel 1001 papa e imperatore, assediati a Roma, fuggono a Ravenna e la curia romana si trasferisce a Sant’Apollinare in Classe.

Qui Ottone e Silvestro indicono un concilio ecumenico cui interverranno vescovi da tutt’Europa e dalle nuove chiese dell’Est, l’abate di Cluny e anche il ravennate Romualdo, eremita a pochi chilometri da Ravenna, che diventerà l’ultimo confessore e consigliere dell’imperatore. Durante l’estate si sposta febbrilmente tra Classe e le valli di Comacchio per chiedere consiglio a Romualdo.

Ricevuti i rinforzi militari, nel gennaio 1002 Ottone parte da Ravenna alla volta di Roma, ma la vita lo abbandona lungo la strada il 24 gennaio. I suoi soldati lo rivestirono del mantello di porpora e fissarono il cadavere al cavallo e con l’imperatore morto, ma vivo in apparenza, si fecero strada fino in Germania e il 5 aprile Ottone venne sepolto ad Aquisgrana accanto a Carlo Magno (qui sotto ritratto).

Carlo Magno

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