Michele de Pascale, Sindaco di Ravenna: quando tutto sarà finito dovremo rendere degno omaggio ai morti e onore a chi ha combattuto questa guerra

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Per la pandemia da Coronavirus – per gli effetti sanitari, sociali, economici e psicologici che sta causando e che procurerà – si usa sempre più spesso il paragone con la guerra. E come alla fine di ogni guerra si ricordano gli eroi e le vittime, così bisognerà fare anche dopo che questa bufera sarà passata. Anche perché i morti di oggi purtroppo sembrano solo numeri, fredda statistica di un bollettino di guerra quotidiano, sono morti spentisi da soli e sepolti senza cerimonia, senza che i loro cari potessero accompagnarli nell’ultimo viaggio. Un qualcosa di inumano.

Riprendiamo allora le parole usate dal Sindaco di Ravenna Michele de Pascale, ieri, per ricordare la scomparsa di un ravennate perbene e stimato che se ne è andato in modo crudele portato via dall’epidemia, Andrea Gambi, Direttore di Romagna Acque: “In questi giorni tristi tornano in mente le parole di Sergio Zavoli, che ci ricorda come durante le guerre si smette di morire uno per uno, per lasciare spazio ai bollettini e alle statistiche. In questa guerra assurda, noi non lo permetteremo, vale per Andrea, per la sua umanità, per le cose straordinarie che ha realizzato in vita, per la sua famiglia e per la stima e la simpatia che ha suscitato in chiunque abbia avuto l’onore e la fortuna di lavorare con lui, e vale per tutte le altre vittime di questa malattia violenta, che ci toglie non solo il respiro, ma anche l’ultimo abbraccio dei nostri affetti. Alla fine di questo doloroso momento troveremo insieme il modo di riabbracciare nel ricordo tutti e tutte. “La vita ritornava/con la recisa nudità dei segni/sparsi ovunque,/le case non avevano più le loro tinte/tutto pareva conservasse/l’odore dei luoghi abbandonati,/come l’ultima brace spenta nei camini/. Sul muraglione della ferrovia/vedemmo il primo manifesto: Gasperoni Elvira,/diplomata ostetrica, una prece,/si tornava a morire uno alla volta,/riapparivano i nomi del tempo dissepolto.”

Il Sindaco ci spiega che il suo pensiero è quello di rendere alla fine di tutto, pubblico omaggio ai morti e anche a chi ha combattuto questa guerra in prima linea – come i medici e gli infermieri – usando sempre la metafora della guerra.

“Stiamo vivendo un evento storico che non ha precedenti per le ultime generazioni. Paragonabile a una guerra. Una guerra in cui in prima linea combattono i medici e gli infermieri e tutti quelli che sono direttamente impegnati a fronteggiare il virus e ad aiutare la popolazione. E le vittime sono i nostri cari, i familiari, gli amici, a cui non riusciamo nemmeno a dare conforto e a dare un ultimo saluto. Morti che diventano purtroppo solo un freddo bollettino quotidiano dell’epidemia. – dice il Sindaco – Per non parlare della morbosità del fatto che poi si va a vedere l’età e quante altre malattie erano correlate al Coronavirus nei morti. Così non si può. Quindi penso che alla fine di tutto questo, dovremo tutti insieme come comunità trovare il modo di ricordare quanto è accaduto, anche come memoria e monito per le future generazioni. Dobbiamo avere un momento per ricordare degnamente tutti coloro che abbiamo perduto, lo dobbiamo a loro e ai loro famigliari. E poi dobbiamo ricordare anche la battaglia incredibile che stanno ingaggiando medici e infermieri per fare fronte all’emergenza sanitaria in condizioni difficilissime. Come ha detto il Ministro Roberto Speranza, non dobbiamo dimenticare, dovremo ricordare anche dopo il loro straordinario lavoro e il sacrificio che hanno fatto per noi.”

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