Carla Baroncelli e Barbara Domenichini: “campanelle femministe” al processo per il femminicidio di Elisa Bravi

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Domani 5 marzo è in programma la seconda udienza in Corte d’Assise a Ravenna del processo per femminicidio a carico di Riccardo Pondi – reo confesso – che nella notte fra il 18 e il 19 dicembre del 2019, a Glorie di Bagnacavallo, uccise la moglie Elisa Bravi. Questa udienza arriva proprio il giorno dopo l’arresto del mandante e dell’esecutore materiale di un altro femminicidio – perché di questo si tratta – quello di Ilenia Fabbri: secondo gli inquirenti la donna è stata assassinata da un sicario su ordine del suo ex marito Claudio Nanni, per motivi economici ma in realtà dopo anni di duri e violenti contrasti, che avevano portato la donna a denunciare il marito anche per maltrattamenti (denuncia purtroppo caduta nel vuoto e inchiesta archiviata) e alla separazione fra i due. Poi la causa di lavoro che la donna aveva intentato perché chiedeva il pagamento delle prestazioni per anni offerte nell’officina del marito. Infine il tragico epilogo con l’efferato delitto. Ma torniamo alla morte di Elisa Bravi. Carla Baroncelli – già autrice di Ombre di un processo per femminicidio dalla parte di Giulia sulla nota vicenda giudiziaria che ha visto la condanna definitiva all’ergastolo di Matteo Cagnoni – e Barbara Domenichini seguono ora questa vicenda processuale, sottoponendola a critica femminista. Pubblichiamo il loro testo relativo alla prima udienza, quella del 12 febbraio.

CAMPANELLE FEMMINISTE AL PROCESSO PER IL FEMMINICIDIO DI ELISA BRAVI / 1 /  di Carla Baroncelli e Barbara Domenichini

12 febbraio 2021, prima udienza in Corte d’Assise di Ravenna.

I FATTI – Nella notte fra il 18 e il 19 dicembre del 2019, a Glorie di Bagnacavallo, Riccardo Pondi ha strozzato la moglie Elisa Bravi, madre delle loro due figlie. Ha confessato. È in carcere con l’accusa di omicidio volontario pluriaggravato dalla relazione di coniugio. Rischia l’ergastolo.

LE PARTI – L’accusa è sostenuta dalla PM Lucrezia Ciriello. La difesa è rappresentata dagli avvocati Ermanno Cicognani e Francesco Manetti. La principale parte civile che rappresenta i genitori, lo zio e le due bambine è affidata all’avvocata Annalisa Porrari e all’avvocato Giuseppe Della Casa.

LA CORTE – È presieduta dalla giudice Cecilia Calandra, a latere la giudice togata, Antonella Guidomei. La giuria popolare è composta da uomini e donne.

PRIMA UDIENZA – Prima decisione della Corte: ammesse fra le parti civili l’Unione dei Comuni della Bassa Romagna (rappresentati dall’avvocata Manuela Liverani), l’associazione Demetra – donne in aiuto (con l’avvocata Monica Miserocchi), l’Udi – Unione donne in Italia (con l’avvocata Sonia Lama), e l’Associazione Dalla parte dei minori (con l’avvocata Maddalena Introna). Seconda decisione della Corte: respinta l’ulteriore richiesta dei difensori di svolgere un rito abbreviato. Che porterebbe automaticamente alla riduzione della pena di un terzo. Terza decisione: la consulenza dello psichiatra forense, professor Renato Ariatti, commissionata dalla difesa dell’imputato, sarà messa agli atti solo dopo aver ascoltato in aula i testimoni.

CAMPANELLA FEMMINISTA DI OGGI

Per cercare di evitare il carcere al proprio assistito, la difesa ha chiesto di acquisire agli atti la perizia psichiatrica eseguita poco dopo l’arresto del femminicida. Ipotizza la seminfermità mentale, l’incapacità di intendere e di volere al momento del delitto. Che porterebbe ad una ulteriore sconto di pena di un altro terzo.

Si tratterebbe quindi di un impulso improvviso, che stupisce perfino l’imputato, che tornato in sé dopo avere strangolato Elisa Bravi, ripete ossessivamente: “Cos’ho combinato?”

Quanta fretta di concludere che questo femminicidio sia l’esito di una patologia pregressa. Il campanello femminista, pur nel rispetto della psichiatria, si è messo a suonare.

Quanto la psichiatria è stata usata dal patriarcato nel corso della storia come un’arma per liberarsi delle donne non conformi? Donne non conformi che per essere mandate al rogo sono state chiamate streghe, donne non conformi che per essere rinchiuse nei manicomi sono state dichiarate isteriche. Che dire delle figlie femmine, ingombranti anche dal punto di vista patrimoniale, segregate nei conventi? Si potrebbe andare avanti, o all’indietro, all’infinito, fino alle donne uccise da un femminicida che spesso, si scopre a posteriori, attenua il suo gesto accampando patologie pregresse.

Come mai gli uomini non conformi non sono stati bruciati, rinchiusi, segregati, eliminati? Chi decide chi è degno di vivere e chi no? È un cortocircuito interessante.

Le donne mettono al mondo uomini e donne, ma solo gli uomini decidono sulla vita delle donne che le donne mettono al mondo.

È così che spesso gli uomini non conformi, che pure sono esistiti e esistono, diventano famosi artisti tutto genio e sregolatezza, dotati di lucida follia.

Oppure diventano il matto del villaggio, che, sì è strano, sente le voci e parla con le ombre, ma che in fondo è un’innocua macchietta, talvolta folkloristica, a cui tutti vogliono bene.

All’occorrenza, però, una diagnosi di una qualche forma di disturbo psichiatrico può anche essere usata dal patriarcato come possibile giustificazione, scusante, probabile attenuante per proteggere i maschi. Come luogo mentale in cui una personalità ipersensibile come quella di Riccardo Pondi entra ed esce a suo piacimento.

Basta un certificato dello psichiatra.

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