Le ferite aperte e la paura. Uno sguardo su Faenza un anno dopo le alluvioni, che iniziarono proprio il 2 maggio 2023

Più informazioni su

“La gente ha paura quando inizia a piovere”. Parole di Luca Della Godenza, sindaco di Castel Bolognese, unico amministratore dei Comuni della provincia a dire con franca e necessaria brutalità come è il sentimento di gran parte di quelle persone che hanno subìto le alluvioni del maggio 2023: una devastazione iniziata proprio il 2 maggio e conclusa col moltiplicatore tra il 16 e il 17 dello stesso mese, dopo una pausa illusoria del maltempo in cui c’è stato chi aveva iniziato a ripristinare abitazioni e aziende per poi vedersele di nuovo sommerse dalle acque limacciose dei fiumi.

Nei territori dei sei Comuni del Faentino “2 -17 maggio 2023” ha significato un terzo dell’abitato urbano sommerso anche fino ai secondi piani delle case a Faenza, livelli inferiori ma ugualmente disastrosi a Castel Bolognese e Solarolo, frane a tutto campo per Brisighella e Casola Valsenio, danni vari a Riolo Terme.

IL DITO PUNTATO

Da mesi si lavora anche nei giorni festivi per ripristinare la vita com’era prima e i diversi Comitati spontanei di cittadini alluvionati hanno intrapreso il faticoso dialogo con Istituzioni, Struttura Commissariale e tecnici per ottenere il ripristino in sicurezza di fiumi e territori e quel denaro promesso dal Governo nazionale in quanto “riconoscimento di quel danno che i cittadini privati hanno subìto, nella consapevolezza che il riconoscimento del danno è funzione del ripristino delle condizioni pre-alluvione. Pertanto non è un’elargizione di denaro che va al cittadino, ma è l’elargizione di risorse che invece devono puntare a ricostituire il ramo d’azienda danneggiato, il campo interessato, la casa alluvionata”. Parole del tenente colonnello dell’Esercito Vincenzo Martella (responsabile delle Relazioni istituzionali) componente della Struttura Commissariale pronunciate a Faenza lo scorso giovedì 8 febbraio.

Se oggi non siamo ancora a quel punto poco ci manca, perché sono noti gli intralci burocratici che si frappongono tra il presentare una domanda di ristoro e l’ottenimento della somma spettante. In attesa dell’Ordinanza più volte annunciata dal generale Francesco Paolo Figliuolo, l’ultima il 19 aprile a Faenza in occasione dell’apertura dei “due ponti”, che dovrebbe rendere tutto più semplice. Dai presidenti dei vari Comitati è stato detto più volte che si deve pensare a ricostruire, senza fermarsi a cercare “colpevoli” dialogando anche con fermezza, ma a distanza di un anno, interrogando le persone, la ricerca dei “colpevoli” è d’attualità, con in sottofondo la paura che il fenomeno alluvionale possa ripetersi con altri danni.

Dal mare delle informazioni piovute in dodici mesi sulle famiglie e sugli imprenditori alluvionati, ne scaturisce che il dito viene puntato soprattutto sulla Regione Emilia-Romagna e sugli organi derivati (Autorità di Bacino destra Po, per maggiore comprensione), che non avrebbero eseguito per anni le manutenzioni ai fiumi; i più politicizzati di varie opinioni tendono a “salvare” il presidente Stefano Bonaccini (“che ci ha sempre messo lui la faccia”) e invece a “impallinare” Irene Priolo, dal 2020 “assessore a transizione ecologica, contrasto al cambiamento climatico, ambiente, difesa del suolo”, la quale non avrebbe mosso gli organi tecnici a prevenire il disastro di un anno fa, unitamente a colei che fintanto che è stata a Bologna aveva tra le varie deleghe quella del “coordinamento delle politiche di prevenzione e adattamento ai cambiamenti climatici e per la transizione ecologica”, Elly Schlein.

Ma, chiaramente, nessuno ricorda i nomi di coloro che le avevano precedute nei medesimi ruoli. Dal giudizio della gente non si salvano i Comuni, intesi come sindaci e assessori, che non avrebbero sollecitato a dovere la Regione a muoversi per la manutenzione dei fiumi. Salvo incappare in battaglie da Brancaleone di ecologisti da salotto, o da tastiera, che bloccassero le manutenzioni per settimane o mesi con istanze, esposti e denunce allo scopo di salvare piantagioni fluviali che invece hanno dato il loro contributo a esondazioni e rotture di argini. È successo anche questo!

E poi c’è il capitolo Governo e ristori, che lascia ancora tutti con il fiato sospeso se non nello scoramento.

Così il “sentire della gente” dopo un anno, lasciando abbondante spazio a colpevolizzare il cambiamento climatico: per strada, nei bar, meno sui “social” dove in tanti si stanno accorgendo che resta traccia etern

LA FAENZA FERITA

Nella città delle ceramiche gli alluvionati, stimati in oltre 12.000 unità, hanno fatto i conti con il fiume Lamone ed i suoi affluenti, in particolare il torrente Marzeno, e con i rigurgiti delle fogne. Molti appartamenti, anche fino ai secondi piani, invasi dalle acque limacciose in un terzo circa dell’abitato urbano, sono ancora disabitati: già vuotati e ripuliti, il logico percorso di ripristino prevede che si asciughino bene prima dell’effettuazione dei lavori per tornare a essere ospitali ma tante persone sono state costrette ad accelerare i tempi e hanno rioccupato la propria abitazione.

Ci sono poi coloro che hanno visto il massacro di garage, cantine e tavernette con elettrodomestici, caldaie e impianti, da rifare. A questi sono da aggiungere le imprese, da aziende artigianali a piccoli negozi, con molti che non hanno riaperto e non riapriranno.

Fra i simboli di questa devastazione c’è la scuola materna “Il Girasole” di Via Calamelli (foto 1 sotto) che appare in tutta la sua desolazione senza bimbi dal 17 maggio 2023 (verrà ricostruita con fondi statali come promesso da Figliuolo ma ci vorrà pazienza fino al 2026), senza dimenticare il micronido privato di Via Silvio Pellico (foto 2 sotto). A pochi passi nella stessa strada del Borgo c’è la saracinesca divelta (foto 3 sotto) di un’impresa edile, ripartita poco lontano.

Materna Il Girasole Faenza
Micronido via Pellico
saracinesca Borgo Faenza

Tutte le immagini sono state scattate il 1° maggio 2024

In Corso Saffi spiccano i negozi abbandonati (foto 4 sotto) da una gelateria (che non riaprirà più) e da una tabaccheria, stessa sorte per buona parte del piano inferiore del Centro Marconi (foto 5 sotto), abbandonato da un ristorante e da uffici. In Via Angelo Lapi sono ferite aperte le chiusure della Pasticceria Pink Panther (foto 6 sotto), del centro estetico Rigenera (foto 7 sotto), della sede del Circolo Oreste Macrelli.

Corso Saffi Faenza
Centro Marconi Faenza
Via Lapi Faenza
Lapi faenza

Poco lontano nel piccolo centro commerciale di Piazzale Ferniani (foto 9 sotto) hanno rialzato la testa solo il Caffè Ferniani da Teresina e un negozio di acconciatura; ma sono spariti una tabaccheria, una lavanderia, una macelleria, un negozio di pasta fresca, un negozio di parrucchiera e la sede del circolo “De Giovanni” del Pd. Per contrasto, nella piazzetta di Via Amleto Bertoni (foto 10 sotto), simile alla precedente e fortemente alluvionata, sono ripartite da mesi, grazie agli sforzi dei vari imprenditori, tutte le varie attività con gioia dell’intero quartiere “Orto Bertoni”.

Faenza un anno dopo
Faenza un anno dopo
Faenza un anno dopo

In copertina Via Angelo Lapi allagata immagine del 3 maggio 2023

Più informazioni su