Che fare se il lavoratore rifiuta il vaccino? Legacoop Romagna chiede una legge sull’obbligo vaccinale

Più informazioni su

Serve una legge ad hoc per garantire l’obbligo vaccinale, di fronte a una pandemia sempre più fuori controllo e a una percentuale, (fortunatamente non alta) di addetti ai servizi pubblici essenziali che manifestano diffidenza per l’unico trattamento che può riportare la situazione alla normalità: lo chiede Legacoop Romagna, associazione che riunisce 400 imprese cooperative nel territorio di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini, rivolgendosi ai rappresentanti in Parlamento dell’Emilia-Romagna e di tutto il Paese.

“In assenza di una legge come si deve comportare il datore di lavoro nei confronti del personale che si rifiuta di essere vaccinato? Il problema è urgente per le numerose cooperative che svolgono servizi essenziali negli ospedali, nelle case di riposo e nei luoghi di cura”: il parere di Legacoop Romagna, affidato agli esperti della società di consulenza Federcoop Romagna, è che “il lavoratore che rifiuti il vaccino può essere considerato temporaneamente inidoneo alla mansione. Le conseguenze possono essere lo smart working o il cambio di mansione, ove possibile, ma anche la sospensione senza retribuzione. Se tale inidoneità si protraesse nel tempo, si potrebbe giungere al licenziamento per motivi oggettivi. Nei prossimi giorni Legacoop Romagna, in collaborazione con Ausl Romagna, avvierà una campagna informativa specifica per sensibilizzare al vaccino i circa 5000 addetti delle cooperative associate  impegnati nel settore socio sanitario e dei servizi”.

LA LETTERA INVIATA ALLE COOPERATIVE CON IL PARERE DEGLI ESPERTI DI FEDERCOOP ROMAGNA

La Pandemia da Covid-19 purtroppo sta producendo enormi danni alla salute delle persone e all’economia del nostro Paese.

Le misure restrittive adottate a più riprese non stanno sempre dando i risultati sperati, tant’è che la curva dei contagi non decresce. Anzi, c’è il fondato timore di una terza ondata, con effetti devastanti sul sistema della sanità pubblica, ormai già in situazione critica.

L’unica speranza per tornare ad una vita “normale” è il vaccino, che in questa fase è stato inizialmente messo a disposizione per alcune categorie di persone, tra le quali medici, infermieri e personale sanitario.

Affinché la campagna di vaccinazione possa avere successo, è necessaria un’adesione plebiscitaria alla stessa. Emerge, invece, in una percentuale fortunatamente non alta di addetti ai servizi pubblici essenziali, a cominciare dalla sanità e dal sociale, una certa diffidenza, che porta alla mancata adesione alla chiamata vaccinale.

Si evidenzia così la contraddizione in cui ci troviamo, non essendo attualmente il vaccino obbligatorio per legge.

Per questo chiediamo con forza che il tema venga affrontato rapidamente e che venga approvato dal Parlamento un provvedimento legislativo ad hoc, in grado di mettere la tutela della salute collettiva al primo posto. Un provvedimento legislativo che consentirebbe alla nostra comunità nazionale di raggiungere prima quella condizione di relativa sicurezza, sempre più indispensabile anche per tutelare i cittadini, i lavoratori, le imprese.

Una posizione la nostra, che sappiamo bene dover essere sostenuta anche da un dibattito esteso e da una campagna informativa specifica, alla quale contribuiremo sin dai prossimi giorni con un video appositamente realizzato dalla Cooperativa Sunset, grazie anche alla collaborazione dell’AUSL Romagna. Video che diffonderemo ampiamente tra i circa 5000 addetti delle cooperative aderenti a Legacoop in Romagna, impegnati nel settore socio sanitario e dei servizi, per aiutare gli indecisi a fare la scelta giusta a tutela della propria salute e di quella della comunità, vaccinandosi.

Ma, in attesa che il passaggio normativo che auspichiamo si concretizzi, non possiamo fare a meno di affrontare il tema anche dal versante della tutela delle imprese cooperative del nostro territorio, le stesse che in questi mesi di pandemia hanno retto una parte rilevante del sistema dei servizi della nostra Romagna e che sono pronte a fare la propria parte anche nei prossimi mesi.

Il quesito, per noi, allora è: come si deve comportare il datore di lavoro nei confronti del proprio personale che, pur operando in un ambito delicato che implica il contatto con altre persone, si rifiuta di essere vaccinato?

Su questo tema abbiamo interpellato il Servizio Consulenza del Lavoro di Federcoop Romagna, che ha approfondito la questione, anche confrontandosi con autorevoli pareri legali.

Il punto di partenza è il codice civile (art. 2087) che impone al datore di lavoro di adottare tutte le misure per proteggere la salute ed il benessere dei propri lavoratori e delle altre persone che, per qualsiasi motivo, hanno contatto con la propria impresa.

Corollario è la responsabilità – anche penale – del datore di lavoro per i danni alla salute subìti dai propri lavoratori o dagli altri soggetti con i quali intrattiene rapporti (ad esempio utenti di strutture sanitarie o RSA).

Per questa ragione sarebbe opportuno che il datore di lavoro, qualora ravvisi che nelle attività lavorative sussistano rischi di contagio da Covid 19, si confronti con il proprio Medico competente, con il Responsabile della sicurezza e con il RSL, al fine di aggiornare il proprio documento di valutazione dei rischi, inserendo tra le misure atte a contenerne gli effetti la vaccinazione del proprio personale, soprattutto per chi ha contatto con utenti considerati persone fragili e a rischio (es. pazienti di RSA).

In questo ambito, si pone il tema del comportamento da tenere, da parte del datore di lavoro, nei confronti dei propri lavoratori che, pur svolgendo un’attività di contatto con l’utenza, si rifiutino di farsi vaccinare.

Allo stato, considerato che il vaccino anti Covid non è obbligatorio per disposizione di legge, è da escludersi che il datore di lavoro possa intraprendere nei confronti dei lavoratori che rifiutino, senza giustificato motivo (ad esempio un motivo di salute) il vaccino, il percorso del procedimento disciplinare ed, in ultima istanza, il licenziamento per motivi soggettivi.

Conseguentemente, dal momento che il vaccino è una misura di protezione della collettività (art. 32 della Costituzione), il datore di lavoro (informato anche il medico competente) può considerare il lavoratore che, pur avendolo a disposizione, rifiuti il vaccino, temporaneamente inidoneo alla mansione, con la conseguenza di attivare, ove possibile, lo smart working o di cambiargli la mansione.

Se queste strade non fossero percorribili, il datore di lavoro potrebbe temporaneamente sospendere il lavoratore, senza corrispondergli la relativa retribuzione.

Se tale inidoneità si protraesse nel tempo, allora si potrebbe pensare – ma solo in un secondo momento – al licenziamento per motivi oggettivi, seppure solo in presenza di una inidoneità permanente alla mansione.

Pertanto il problema dei lavoratori che rifiutino ingiustificatamente la vaccinazione, rientra nell’ambito di una valutazione sanitaria sui luoghi di lavoro.

Il Presidente
Mario Mazzotti

 

 

 

 

 

 

Più informazioni su