Gas e petrolio centrali per la transizione energetica: gli esiti dello studio di Nomisma per il Roca

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Si è svolta ieri, venerdì 16 luglio, la conferenza stampa di presentazione dello studio realizzato da Nomisma Energia su richiesta del ROCA (l’associazione delle aziende del settore energetico ravennate) su ruolo che il gas avrà nel periodo nella transizione energetica.

Lo studio richiesto da ROCA a Nomisma Energia evidenzia quanta necessità di utilizzare il gas ci sia ancora, almeno per un certo periodo di tempo.

Sono intervenuti l’ing. Davide Tabarelli – Presidente di Nomisma Energia e Franco Nanni – Presidente ROCA (qui il suo intervento all’incontro).

Secondo quanto emerso dallo studio e discusso ieri durante la presentazione, gas e petrolio, gli idrocarburi, rimangono le due fonti principali a copertura della domanda energetica nel mondo, in Europa e in Italia. Anche nel 2020, nonostante la pandemia, contano per oltre il 55% del totale dei consumi mondiali di 14,7 miliardi tonnellate equivalenti petrolio. “L’economia globale è da tempo un’economia ad idrogeno, il problema è che è attaccato al carbonio”, hanno commentato i relatori.

“In vista della transizione dei prossimi anni, gli idrocarburi continueranno ad avere un ruolo e aiuteranno la transizione, perché preparano oggi le competenze per le nuove tecnologie: parchi eolici, cattura e stoccaggio della CO2, produzione di biometano e idrogeno, produzione elettrica dalle onde – hanno aggiunto -. Il gas naturale a livello globale, assieme alle rinnovabili, è la fonte che consente ti frenare la forte crescita delle emissioni di CO2, attraverso la sostituzione del carbone. Invece, i consumi di carbone nel 2021 hanno ripreso a salire con prezzi triplicati”.

“Questa, è una delle cause dell’aumento delle bollette elettriche del 10% scattato lo scorso primo luglio e, probabilmente, variazione che si ripeterà anche al primo ottobre prossimo con un più 5% – affermano in una nota riassuntiva dell’incontro -. Con 71 miliardi di metri cubi, il gas nel 2020 è la prima fonte a copertura della domanda di energia dell’Italia, paese che ha ancora grandi riserve, anche davanti a
Ravenna, ma che non riesce a sfruttare, con una produzione nazionale scesa a da 20 miliardi metri cubi nei primi anni ’90 a 4 miliardi nel 2020, di cui circa 2 ruotano nell’area con al centro Ravenna. E’ un minimo che non avevamo dal 1956, quando eravamo poveri e speravamo nel gas per risollevarci dal disastro della guerra. Le potenzialità sono per una produzione superiore almeno di tre volte, verso i 15 miliardi
metri cubi anno”.

“In questo momento di crisi del gas in Europa, con prezzi alle stelle pagati dagli italiani, la produzione nazionale sarebbe utile per contenere le tensioni – hanno spiegato -. Invece, si continua ad importare gas dalla Russia o dall’Africa, consumando molta energia, con più emissioni, e con maggiori perdite dai tubi. Ogni anno per importazioni di gas, da migliaia di chilometri di distanza, si emettono almeno 2 milioni tonnellate di CO2 che, ai prezzi della CO2 del luglio 2021 di 52 € per tonnellata, è un costo di oltre 100 milioni € all’anno. Il gas prodotto da noi ha meno emissioni perché non deve essere trasportato per lunghe distanze”.

“Più grave – continua la nota – è il fatto che dobbiamo pagare ai paesi stranieri le importazioni, con un valore che solo per il gas è di 13 miliardi di € all’anno e che, invece, potremmo lasciare nel nostro paese con un forte impatto sul PIL di alcune aree come quella di Ravenna.
E’ un travaso di ricchezza ingiusto, sulle spalle dei consumatori italiani, che un paese in emergenza economica non si può permettere. Circa l’importanza degli idrocarburi, vale ricordare come il petrolio, che un giorno non servirà più nelle auto, è molto importante per la produzione della plastica, un bene straordinario che, proprio perché poco costoso ed indistruttibile, ha il problema della dispersione nell’ambiente”.

“Questo è grave in Asia e nei suoi mari, mentre in Europa, dove le pratiche da economia circolare sono da tempo applicate, le cose stanno
migliorando – commentano -. L’anno della pandemia ci ha ricordato come la plastica negli ospedali è indispensabile ogni giorno per salvare e curare milioni di persone. Un altro prodotto fondamentale è il bitume, che servirà anche per il futuro delle macchine elettriche, che pesano di più, hanno gomme più larghe e sollevano più polveri sottili. Il gas di Petrolio Liquefatto, il GPL, un altro importante prodotto petrolifero, è uno degli strumenti in Africa per raggiungere l’Obiettivo di sostenibilità numero 7 dell’Agenda ONU 2030, il numero 7, quello dell’energia pulita per tutti, al fine di evitar le morti, stimate in 4 milioni all’anno, da inquinamento da fumo”.

“Guardando a futuro – concludono -, il polo di Ravenna ha le condizioni per diventare un centro della transizione ecologica. Gli stessi operatori, società e operai, che hanno lavorato per anni sulle piattaforme del gas, possono fare le pale eoliche in mare, o utilizzare i giacimenti per stoccare la CO2, oppure sanno benissimo come maneggiare e produrre l’idrogeno. A Ravenna sono in costruzione strutture per i parchi del Mare del Nord, dove sono molto più avanti sulla cattura della CO2 con potenziali investimenti oltre i 30 miliardi di €. Da anni a Ravenna si studia come realizzare lo stoccaggio della CO2, catturata da impianti dove è difficile sostituire le fonti fossili, come quella dei cementifici, delle acciaierie. I giacimenti dove una volta c’era il gas, possono essere riempiti con CO2, in base a progetti uguali a quellisviluppati nel Mare del Nord. La transizione di Ravenna, crocevia della civiltà occidentale, da tempo è iniziato, grazie all’esperienza maturata sugli idrocarburi, quelli che ancora per alcuni anni continueranno ad essere importanti”.

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