Italia Nostra lancia l’appello: “il magazzino Montecatini alla Darsena di Ravenna va salvato”

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La Onlus Italia Nostra, sezione Ravenna, è intervenuta circa lo stato di totale abbandono in cui versa l’antico magazzino n.9 dello stabilimento ravennate di concimi chimici della Montecatini alla Darsena di Città.

La sezione ravennate di Italia Nostra esprime grandissima preoccupazione per quanto sta accadendo: il danneggiamento di un solo pilastro della testata est non ha comportato conseguenze nel resto della struttura, come facilmente verificabile in loco, ma c’è il rischio concreto che l’attuale proprietà colga l’occasione per sbarazzarsi dell’intero edificio – 2000 mq circa di superficie  –  radendolo al suolo.

Una perdita gravissima per uno dei più begli esempi di architettura protoidustriale di inizio 900 del porto di Ravenna e dell’intera Regione, ed un’ulteriore pietra tombale sul recupero della Darsena di Città, nella zona che, secondo le previsioni urbanistiche, deve diventare il “Parco delle Archeologie Industriali”. Il magazzino danneggiato due sere fa rappresenta uno degli ultimi magazzini in legno per fertilizzanti degli stabilimenti Montecatini esistenti in Italia prima della diffusione delle strutture in cemento, con esempi pregevolissimi, alcuni purtroppo già perduti, come capitato agli stupendi capannoni dello stabilimento marchigiano di Montemarciano.

Il magazzino di Ravenna, infatti, leggiamo sulle schede conoscitive redatte dal Comune di Ravenna per il POC Darsena 2015: “Sorprende per il bell’impianto basilicale a tre navate, realizzato con stilate lignee ad asta reggente e puntoni inclinati, che si riveste di un sapore antico riscontrabile nelle nordiche strutture a fachwerk. Il magazzino essendo costituito da struttura completamente in legno mostra scorci prospettici di grande suggestione, unendo l’interesse documentario ad un raro fascino”.  Altrove, in Europa, farebbero follie per restituire all’uso pubblico edifici come questo. A Ravenna no.

E ancora, sulle norme tecniche dello stesso POC, riferite ai due magazzini superstiti del complesso (n. 4 e n. 9): “Gli edifici presentano una struttura completamente in legno massello unica e di grande suggestione, ordita in modo da creare una sorta di basilica a tre navate caratterizzata da una spazialità molto interessante. Da conservare: la struttura reticolare in legno ancora integra con eventuale consolidamento/sostituzione delle porzioni ammalorate; la grande spazialità interna”.

Infine, per il subcomparto 26/28 in sinistra Candiano, lo stesso POC prevede: 1) Riqualificazione di un’ampia area, caratterizzata da edifici di archeologia industriale di rilievo, con particolare riferimento alla valorizzazione culturale e turistico ricreativa del fronte canale e del percorso tematico individuato; 2) Realizzazione di porzione del Parco delle Archeologie industriali, anche mediante il recupero degli edifici di archeologia industriale con usi prevalentemente culturali e per il turismo; 3) All’interno del Parco delle Archeologie, realizzazione di un Polo Aggregativo Culturale comprensivo di un polo aggregativo dedicato prevalentemente ai giovani; 4) Implementazione delle attività direzionali/commerciali su via Delle Industrie; 5) Realizzazione di un luogo di aggregazione sul fronte canale.

Com’è possibile che queste norme siano state completamente ignorate? Nell’estate 2017 un fortunale ha demolito parte del tamponamento della testata est, che non è stato più ripristinato. Si presume che le problematiche statiche siano iniziate allora. Nel 2018, poi, è stata effettuata la bonifica delle lastre di copertura di fibrocemento, incredibilmente restate in loco per decenni senza che fosse preso alcun provvedimento. In quel momento, probabilmente, la proprietà ha deciso di abbandonare l’edificio al suo destino, tra l’altro senza tener conto della contiguità con una pubblica via trafficatissima. Le stupenda struttura è rimasta esposta al sole e alle intemperie senza più alcuna protezione.

Davanti ad una simile negligenza, dunque, il collasso del pilastro era inevitabile. Inevitabile, però, non è il suo ripristino e la messa in sicurezza del magazzino, pena l’ennesima perdita di un bene del nostro patrimonio industriale e culturale collettivo. Fanno un po’ sorridere i rallegramenti dell’Amministrazione per i 5 milioni di euro giunti dall’Europa per la rigenerazione urbana della Darsena attraverso la transizione digitale: a cosa serve digitalizzare, quando il patrimonio materiale reale sta andando in rovina nella più completa indifferenza?

Lanciamo dunque un appello urgente alla Soprintendenza affinché valuti con attenzione quanto sta succedendo alla Darsena e si attivi di conseguenza, ed al Sindaco e agli uffici perché respingano perizie compiacenti a favore di una demolizione scellerata e si adoperino con tutti i mezzi, intercedendo presso la proprietà, affinché il magazzino n. 9 della ex Montecatini, ancora del tutto pienamente recuperabile, non venga distrutto”.

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