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Accordo con gestori privati dei servizi all’infanzia: il Comune di Ravenna copre le rette dei mesi di chiusura

L'accordo parifica il trattamento delle famiglie con figli iscritti a nidi e materne comunali con quelli iscritti ai servizi privati e sostiene i servizi privati in attesa della riapertura

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Il Comune di Ravenna coprirà i costi fissi dei servizi all’infanzia, nidi e materne, a cui sono iscritti i bambini ravennati, evitando così che le famiglie si accollino le rette per i mesi in cui le scuole sono state chiuse ed evitando la debacle dei servizi privati, parte integrante di un sistema integrato di servizi all’infanzia come quello ravennate. L’accordo raggiunto tra l’amministrazione comunale e i gestori privati, sia convenzionati che non, è stato inserito in una delibera approvata questa mattina dalla giunta comunale e presentata a seguire alla stampa.

Nella sostanza, il problema era rilevante: con la chiusura di nidi e scuole materne da lunedì 24 febbraio, per la pandemia di coronavirus, le famiglie si sono trovate a non poter più usufruire del servizio educativo per i propri figli nella fascia 0-6 anni, mentre i gestori dei servizi a dover pagare costi incomprimibili, come affitti, bollette ecc… in assenza della retta corrisposta dalle famiglie. Una situazione che rischiava di mandare in “crash” il sistema dei servizi all’infanzia e le famiglie stesse.

Se il Comune non si fosse attivato infatti, molti servizi si sarebbero trovati nell’ingrata posizione di esigere rette per servizi non erogati, per poter continuare a restare in piedi e farsi trovare pronti ad emergenza terminata. Anche molte famiglie non se la sarebbero passata meglio, con conti da pagare per servizi non goduti. Una situazione che avrebbe inoltre spaccato la comunità delle famiglie ravennati, tra chi aveva figli iscritti a servizi comunali, per i quali le rette erano state bloccate da subito e quelli che li avevano, volenti o nolenti, iscritti a servizi privati convenzionati o privati tout court. Non sempre infatti la decisione di utilizzare un nido privato al posto di quello comunale dipende dalla volontà della famiglia: spesso, il non essere rientrati nella graduatoria pubblica costringe i genitori a far ricorso al privato.

L’accordo siglato invece tra Comune di Ravenna e gestori privati (convenzionati e non) dei servizi all’infanzia porterà a sospendere le rette per tutti i servizi, con il mantenimento del posto bimbo, fino a che le scuole non potranno riaprire. Il modello ravennate è il primo di questo tipo utilizzato in Regione e non è escluso che possa essere copiato e riadattato sulle esigenze degli altri Comuni della provincia.

Il Comune di Ravenna ha investito in questa operazione circa 424mila euro, ripartiti tra fondi comunali (296mila euro circa) e regionali (127mila euro circa), costi che per le casse comunali si aggiungono ai circa 400 mila euro di mancati incassi per i servizi comunali, dove per altro gli insegnanti non possono accedere alla cassa integrazione e dunque continuano a percepire lo stipendio.

Mensilmente si parla di circa 106mila euro, di cui  poco più di 183mila per nidi convenzionati, quale corrispettivo ad integrazione prezzi, 37.230 per i servizi educativi privati come contributo e quasi 204 mila per i servizi educativi scolastici aderenti alla Fism. Dal Comune fanno sapere che queste somme trovano copertura nel bilancio di previsione 2020 destinando le somme che erano previste per le convenzioni ordinarie già in essere, sia impiegando le risorse regionali residue del progetto “Al nido con la Regione” finalizzato all’abbattimento delle rette/tariffe di frequenza ai servizi educativi per la prima infanzia e infine utilizzando i fondi residui derivanti dal Decreto legislativo 65/2017 che finanzia il sistema integrato 0-6.

Le misure previste dagli accordi sono differenziate per tipologie di servizi e variano da 60/80 euro a bambino per servizi aderenti alla Federazione italiana Scuole Materne e da 140 a 170 euro a bambino per ciascun mese nei nidi privati, tenendo come limite i costi fissi incomprimibili dichiarati dai gestori.

Il sistema dei servizi per bambini da 0 a 3 anni è articolato in servizi comunali a gestione diretta ed esternalizzata (che rappresentano il 60% circa dell’offerta) nonché in servizi privati con posti convenzionati con l’Amministrazione comunale (oltre a servizi privati “a libero mercato”). Il sistema dei servizi scolastici per bambini da 3 a 6 anni è articolato in scuole dell’infanzia comunali e statali (che insieme rappresentano il 71% circa dell’offerta) e scuole dell’infanzia private paritarie aderenti alla Federazione Italiana Scuole Materne (FISM).

“Il nostro primo pensiero – dichiara il sindaco Michele de Pascale – è stato fare in modo che tutte le famiglie dei bambini e delle bambine che frequentano i servizi di tutti i tipi potessero godere delle medesime condizioni, non pagando per ciò di cui non hanno potuto usufruire e senza la preoccupazione di dover rinunciare al posto. Con questo provvedimento s’intendono adottare misure che possano rispondere ad una triplice finalità: agevolare le famiglie, che in questo momento già così complesso si trovano nella ulteriore difficile condizione di non poter usufruire di servizi per l’infanzia; prevedere interventi a supporto dei gestori privati, il cui ruolo è determinante nell’offerta integrata di servizi per la fascia d’età 0-6 anni, nell’intento di non aggravare ulteriormente il contesto economico già pesantemente compromesso dalle misure di contenimento dell’epidemia; sostenere i lavoratori e le lavoratrici delle scuole dell’infanzia, in modo che abbiano la possibilità di accedere agli ammortizzatori sociali nel caso in cui non sia loro garantito uno stipendio”.

“Per le mensilità di completa chiusura – dichiara Ouidad Bakkali assessora alla Pubblica istruzione e infanzia – l’Amministrazione sosterrà i servizi educativi/scolastici in modo da assicurare una ripresa immediata dell’attività educativa, appena l’emergenza Covid-19 lo consentirà. La proposta elaborata parte dal presupposto che i gestori, aderendo all’accordo, non percepiranno alcuna retta dalle famiglie per tutti i mesi di chiusura del servizio (marzo, aprile, maggio e giugno), nell’ipotesi che i servizi educativi e scolastici non riprendano a funzionare fino alla fine dell’anno scolastico. Gli stessi gestori s’impegneranno a restituire somme eventualmente già riscosse per il mese di marzo, secondo un rapporto diretto con le famiglie e a chiedere l’applicazione degli ammortizzatori sociali per i lavoratori e le lavoratrici per tutte le mensilità possibili”.

Le famiglie coinvolte sono 1139 e i servizi 29: 10 servizi educativi privati già convenzionati per posti bimbo (Domus Bimbi, Stefano Biondi, I Pargoli, Bianca e Bernie, Il Mondo di Heidi Alfa, Il Paese delle Meraviglie, Il Tamburino, Il Treno dei bimbi, La Mongolfiera, Il Canguro), 4 servizi educativi privati (Mary Poppins, Piccoli Tesori, Tante Lune- Sperimentale per la fascia 0-3, Crescere Insieme), 15 servizi educativi e scolastici Fism (Eugenio Foschi, Divina Provvidenza, Madonna della Fiducia, Maria Immacolata, Mons. Giulio Morelli, Paolo e Vittoria Ghezzo, L’Arca di Noè, Madre Teresa di Calcutta, S.Giuseppe Cottolengo, S.Maria in Ferculis, San Francesco di Sales, San Sisto II, San Vincenzo de Paoli, Istituto Tavelli, Mamma Margherita).

 

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